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mercoledì, dicembre 13, 2006

La Poesia e lo Spirito (Sannelli - Padua)



Diventiamo grandi grazie ai sogni. Tutti i grandi uomini sono dei sognatori. Vedono cose nella leggera foschia primaverile, o nel fuoco rosso della sera d'un lungo inverno.. Alcuni di noi lasciano morire questi grandi sogni, ma altri li nutrono e li proteggono; abbiatene cura nei giorni brutti affinchè portino il sole e la luce che viene sempre a chi spera col cuore che i propri sogni si avverino.
[Woodrow Wilson]


Una poesia di Chiara Daino, inserita nel suo romanzo, “La Merca”[...] qui tutto è necessario, solo tre versi su dodici sono tradizionali (tre settenari: “rimetto la mia vita”, “la maschera di sempre”, “gli sbagli di un’eterna”), e niente può essere eliminato senza danno. E’ un volo anche questo, che non riposa finché tutte le possibilità semantiche di RIMETTERE (vomitare, affidare, indossare, posizionare) non sono state consumate:



Rimetto la mia vita
in mani esperte.
Mi rimetto in gioco.
Rimetterò alla perfezione
la maschera di sempre.

Continuo a rimettere
in ginocchio la mia vita.
Continuo a rimettere
nel bagno
assassino e confessore
gli sbagli di un’eterna

Fame del cuore.



Questo è il ritmo nel suo senso più alto, a cui dovremmo arrivare: una TOTALITA’ COMPATTA E SIGNIFICANTE, in cui – in sinestesia, contemporaneamente – l’occhio vede, la lingua legge, l’orecchio ascolta (e più giù, nell’uomo interiore, sembra di sentire uno spiritèl che dice – mi piace farlo parlare come l’Accattone di Pasolini –: “Mo’ sto bene!”). Tutto questo può accadere solo se ci convinciamo che la poesia non è l’arte di dire tutto e aggiungere tutto, ma l’arte di togliere il superfluo. Bisogna cancellare per lasciare solo ciò che NON PUO’ NON ESSERE DETTO. Basta l’essenziale: si legge bene solo ciò che è scritto bene, e la vostra stessa voce vi guiderà.
[Massimo Sannelli]




rispecchia la tua assenza e la diffonde nel silenzio che si compie #11. (per Chiara)


umani i nostri corpi si consumano nelle escursioni termiche
li abita la notte nell’attendere le luci del suo termine
dal cielo ritornare dove il giorno si fa morte ricorrente


è un gioco poco eroico con il fuoco la poesia in questo frangente
accadono fenomeni comuni nell’ambiente e come fermi
gli sguardi sono persi dentro agli occhi non comunicano niente
costretti nella morsa d’una calma surreale e permanente
che domina dinamica lo spazio della stanza e lo riempie
di vuoti di tensione tra le cose contenute nella stasi


concise chiare e brevi coincidono coi brividi le frasi
il buio percorrendo non colmabili distanze puro irrompe


[Adriano Padua]

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