Matrimonio felice
di Taslima Nasreen
[traduzione di Laura Pecoraro e Ilaria Ricci]
La mia vita, come una lingua di sabbia,
è stata scavata da un mostro di uomo
che vuole sotto il suo controllo il mio corpo
così, se lo desidera,
può sputarmi in faccia,
schiaffeggiarmi il viso,
darmi un pizzicotto sul sedere;
così, se vuole,
può derubarmi dei vestiti,
tenere stretta nella sua morsa la mia bellezza nuda
così, se lo desidera,
può incatenarmi i piedi,
senza uno scrupolo frustarmi
mozzarmi le mani, le dita,
spargere sale sulla ferita aperta,
gettarmi pepe nero macinato sugli occhi
con un pugnale mi può sfregiare la coscia,
può appendermi a una corda e impiccarmi.
Il suo obiettivo: controllare il mio cuore
Così lo amerei;
la notte, insonne nella mia casa solitaria, colma di ansia,
aggrappata alla grata della finestra
lo aspetterei singhiozzando;
con le lacrime che scorrono, cucinerei il pane fatto in casa,
berrei, come se fossero ambrosia
Gli schifosi liquidi del suo corpo poligino,
così, amandolo, mi scioglierei come cera,
senza alzare lo sguardo su altro uomo.
Darei prova della mia castità a vita.
Così, amandolo,
in una qualche notte di luna,
mi suiciderei
in un attacco d’estasi.
di Taslima Nasreen
[traduzione di Laura Pecoraro e Ilaria Ricci]
La mia vita, come una lingua di sabbia,
è stata scavata da un mostro di uomo
che vuole sotto il suo controllo il mio corpo
così, se lo desidera,
può sputarmi in faccia,
schiaffeggiarmi il viso,
darmi un pizzicotto sul sedere;
così, se vuole,
può derubarmi dei vestiti,
tenere stretta nella sua morsa la mia bellezza nuda
così, se lo desidera,
può incatenarmi i piedi,
senza uno scrupolo frustarmi
mozzarmi le mani, le dita,
spargere sale sulla ferita aperta,
gettarmi pepe nero macinato sugli occhi
con un pugnale mi può sfregiare la coscia,
può appendermi a una corda e impiccarmi.
Il suo obiettivo: controllare il mio cuore
Così lo amerei;
la notte, insonne nella mia casa solitaria, colma di ansia,
aggrappata alla grata della finestra
lo aspetterei singhiozzando;
con le lacrime che scorrono, cucinerei il pane fatto in casa,
berrei, come se fossero ambrosia
Gli schifosi liquidi del suo corpo poligino,
così, amandolo, mi scioglierei come cera,
senza alzare lo sguardo su altro uomo.
Darei prova della mia castità a vita.
Così, amandolo,
in una qualche notte di luna,
mi suiciderei
in un attacco d’estasi.
Prima la Parola, poi la Persona.
Di Taslima ho conosciuto le Poesie – prima, le Pupille – poi. Le avrei prestato corpo e voce a Monfalcone. Ero fiera e come attrice e come artista e come anima: Taslima ha Operato/Opera il Cambiamento, pagandolo sulla propria pelle. Ero fiera, piena di [quello che non saprei definire altrimenti:] timore reverenziale. E raramente provo timore reverenziale per i vivi…
Mi sono avvicinata ai testi di Taslima con lo stesso rispetto, con lo stesso timore reverenziale – riservato ai Classici: quando la portata del messaggio è così devastante [per Giustizia, Verità, Tensione, Crudezza, etc…], esserne all’altezza nel ruolo di messaggero – non è *cosa semplice* [e un Attore lo sa, lo sente: quel peso, quella responsabilità]. Preda del *come rendere al meglio* mi avvicinai ai testi di Taslima, senza sapere come Taslima si sarebbe avvicinata a me.
Considerato che [fuori dal palco] la mia tenuta *più tenera* era/è una maglia raffigurante la Morte con tanto di falce borchiata – sarebbe stato più che comprensibile scegliesse diverso interprete italiano per i suoi testi.
Taslima, invece, mi sconvolse per Dolcezza e per Sensibilità [sconvolgimento che – torno a ripetere – raramente mi suscita *essere umano vivente*], ascoltandomi e abbracciandomi. E fu confronto e dialogo circa la *condizione delle donne* e fu così che le raccontai di come – anche nella *civilissima* Italia – le donne siano picchiate, stuprate, violentate da padri, patrigni, fratelli, fratellastri, fidanzati etc… E come l’Amore Uno unisce il mondo, così l’Orrore Uno – lo piaga.
E ancora: le chiesi se preferisse un abbigliamento *più sobrio* [vedi alla voce: eliminare catene, stivali di pelle sopra al ginocchio & co.] nel quando avrei recitato e lei, sorridendo, sbigottì: «e perché? Vai benissimo così!». Felice io, di rimando: «sai, in Italia, se ti vesti così, di solito ti danno della puttana!». E ridendo lei: «allora sei perfetta! Perfetta per i testi!».
E nel mio momento triste [uno dei tanti], incrociandoci, non avendo forza per dire/tradurre altro commentai quanto bella fosse la sua pashmina – Taslima se la tolse e me la mise al collo: «è tua!». E regalò una nota arancione per vincere il nero totale [fuori e dentro metafora]. Per quanto devastante fosse il suo vissuto – mezzalunò il sorriso nel miocardio malmenato. Un gesto Grande che solo la Grandezza con-sente.
E mi commossi quando mi spiegò che dovevo cambiare la traduzione del suo *La ragazza della Svizzera*: «you have to translate *to an Italian girl*, that’s for you!»]. E questi non sono che pochi preziosi ricordi – incisi nel mio personale percorso da Taslima.
Per il Percorso che ha inciso, tracciato, segnato [e ha pagato e paga; e ha scontato/e sconta] – per l’Umanità tutta, il MINIMO Atto per dirle grazie, è una firma:
Di Taslima ho conosciuto le Poesie – prima, le Pupille – poi. Le avrei prestato corpo e voce a Monfalcone. Ero fiera e come attrice e come artista e come anima: Taslima ha Operato/Opera il Cambiamento, pagandolo sulla propria pelle. Ero fiera, piena di [quello che non saprei definire altrimenti:] timore reverenziale. E raramente provo timore reverenziale per i vivi…
Mi sono avvicinata ai testi di Taslima con lo stesso rispetto, con lo stesso timore reverenziale – riservato ai Classici: quando la portata del messaggio è così devastante [per Giustizia, Verità, Tensione, Crudezza, etc…], esserne all’altezza nel ruolo di messaggero – non è *cosa semplice* [e un Attore lo sa, lo sente: quel peso, quella responsabilità]. Preda del *come rendere al meglio* mi avvicinai ai testi di Taslima, senza sapere come Taslima si sarebbe avvicinata a me.
Considerato che [fuori dal palco] la mia tenuta *più tenera* era/è una maglia raffigurante la Morte con tanto di falce borchiata – sarebbe stato più che comprensibile scegliesse diverso interprete italiano per i suoi testi.
Taslima, invece, mi sconvolse per Dolcezza e per Sensibilità [sconvolgimento che – torno a ripetere – raramente mi suscita *essere umano vivente*], ascoltandomi e abbracciandomi. E fu confronto e dialogo circa la *condizione delle donne* e fu così che le raccontai di come – anche nella *civilissima* Italia – le donne siano picchiate, stuprate, violentate da padri, patrigni, fratelli, fratellastri, fidanzati etc… E come l’Amore Uno unisce il mondo, così l’Orrore Uno – lo piaga.
E ancora: le chiesi se preferisse un abbigliamento *più sobrio* [vedi alla voce: eliminare catene, stivali di pelle sopra al ginocchio & co.] nel quando avrei recitato e lei, sorridendo, sbigottì: «e perché? Vai benissimo così!». Felice io, di rimando: «sai, in Italia, se ti vesti così, di solito ti danno della puttana!». E ridendo lei: «allora sei perfetta! Perfetta per i testi!».
E nel mio momento triste [uno dei tanti], incrociandoci, non avendo forza per dire/tradurre altro commentai quanto bella fosse la sua pashmina – Taslima se la tolse e me la mise al collo: «è tua!». E regalò una nota arancione per vincere il nero totale [fuori e dentro metafora]. Per quanto devastante fosse il suo vissuto – mezzalunò il sorriso nel miocardio malmenato. Un gesto Grande che solo la Grandezza con-sente.
E mi commossi quando mi spiegò che dovevo cambiare la traduzione del suo *La ragazza della Svizzera*: «you have to translate *to an Italian girl*, that’s for you!»]. E questi non sono che pochi preziosi ricordi – incisi nel mio personale percorso da Taslima.
Per il Percorso che ha inciso, tracciato, segnato [e ha pagato e paga; e ha scontato/e sconta] – per l’Umanità tutta, il MINIMO Atto per dirle grazie, è una firma:
Chiara Daino
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