MUSICA PER ORGANI CALDI di e con: Chiara Daino,Ksenja Laginja, Enrico Marià
«L’uomo è la fogna dell’universo»: omaggiando Hot Water Music di Bukowski, canto a tre voci che intreccia versi e viscere, lividi e liturgie, fiabe e fistole – dell’essere. Corpo cartaceo e corpo crudo, corpo di Cerbero, cane a tre teste. Tricefalo dalle tre gole: spalancate. Si ringraziano: Maurizio di Tollo per le atmosfere sonore, Penelope Pleaseper la partecipazione attiva e reattiva, Daniele Asseretoe LiveUsper il supporto grafico, promozionale e webbico
*...Our theatre is but a waste land of common place and untalented imitators. Carmelo Bene will take you by the hand in a magic trip and afterwards THINGS WILL NEVER LOOK THE SAME* [Enrico Gaibazzi]
«Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario». È Orwell è Pasolini è Lei. È la rivolta dello stomaco per quel che esigo: corrusco! La fiamma chiara della verità è una parola promessa prima. In tanta penosa pània politica [fazioni e finzioni per la definitiva perdita della funzione cognitiva], lei abita la piccola πόλις che perimetra la pelle. Nasce dove nosce e quel che non tace – dice: «il vostro cappio è il mio confine». Di qui: non passate! Non forzate le morse delle mie fenicie ferocie – se non sapete quale senso ho scelto per le mie ore «fiere». Se pensate [e sempre. Da sempre. Continuate!] di farmi la festa per fare festa – quel che fate è fulminare un’incauta leccata a quella che si palesa, innocua e irrisoria: una rana dorata. E quanta poca saggezza contadina! La pianta più velenosa è sempre quella dalla magnifica cromatura… Come la rana, la rana dorata, è della categoria: tossica. Ne basta una [cinque centimetri o anche solo la metà] per produrre veleno abbastanza, abbastanza veleno per uccidere dieci esemplari adulti [non certo «adulti esemplari»!]. E alla rana dorata nessuno ha insegnato l’indifferenza: la rana dorata prospera beatamente ignara di ogni freddezza relazionale, di ogni «divina» distanza dettata da Montale; ignara anche del punto e virgola: la rana rutila la sua ranosità. Pericolosa e precisa. Non basta il «gonfiar di gota» per dirsi rana. Tanto meno: rana dorata. E, nell’ordine, dardeggia:
• i geriatrici girini che dopo una performance sanguinante il dramma dello stupro e dell’abuso aberrante e delle più disumane violenze – tentarono ficcarle biforcute lingue in gola [dopo i «complimenti di cortesia», ça va sans rire] • il bufo bufo, baffo baffo – che gracchiò di una «più borghese e contenuta esibizione» [la prossima volta si rivolga a suor Germana per interpretare le sue eccelse versioni dei classici, gratuitamente e per amor di studenti! La prossima volta si consiglia acquistare il corso interinale propedeutico «impara a non ceffare le tracce! È uno stereo, non è difficile: schiaccia play!»] • l’ululone dal ventre giallo [inutile rigirarsi sul ventre per avvertire: «non sono commestibile!». Sappiamo tutti quanto tu sia inutile – anche – alla catena alimentare], promotore di uno «sciopero della fame» [è vivo, è vivo, niente sondini nasali per i paraculo!] due settimane prima di candidarsi come politico o presunto tale. Fastidioso, molesto e disposto a tutto pur di «far clamore». Non contento di una pluripubblicizzata conversione [il suo conto corrente è la sua sola religione, lo specchio del suo cesso è il suo unico dio!], non pago del pettegolezzo più bieco e becero circa le scelte sessuali dei suoi colleghi, non sollazzato dal soldo ereditato e sperperato in botulino – l’ululone espanse le sue mire! E, siori e siore, saldatevi alle vostre sedie perché quel che sto per annunciarvi sfiora l’ineffabile! L’ululone si dedicò allo sciorinare pixel per insultare la qui scrivente rana dorata. E non è l’insulto che la ulcera, quanto la demenza: con tutti i video a disposizione dell’ululone [e di ogni internauta], perché scegliere l’unico che le valse una vittoria? Lei invoca: un’ostilità degna e saggia! Come si commenta un vecchio patetico in cerca di vetrinetta? Basta la parola: l’ululone si definì «non poeta» per malcelata modestia in cerca di gloria. Che pena – chi ristagna! Bonifica bonifica bonifica… • l’imbelle principe delle raganelle – che la contattò per «essere una firma della nuova rivista di letteratura genovese». Finanziato anch’esso da papino [la rana dorata è l’unica stronza che non eredita – altro che: guai!], le propose collaborazione con giovani genovesi «under 25». Sopravvissuta e rassegnata all’eterna gavetta, pur la rana «qual cosina in più» del bacarospo improvvisato –sapeva… Tralasciando messaggi [che ha salvato!] quali: «se ti masturbi, pensami» – compatendo l’idiozia maschile, osò proferire: «se scrivete “ficata” non sarete mai presi sul serio dalla Repubblica delle Lettere». E scatenò l’apocalisse! L’imbelle principe delle raganelle si alzò in preda a convulsione [e confusione!], spolmonandole: «fascista di merda! Noi comunisti vogliamo arrivare alla nicchia di pochissime persone scelte, non come voi fascisti che volete più gente possibile!». Le raganelle presenti si marmorizzarono assecondando il più «fico» di tutti loro – mentre la rana dorata meditava sulla cazzata concettuale e storica appena proferita. «Ficata» è un’ingenuità [non parliamo di poetica!] – tipica della gioventù cresciuta a «disco e Moccia», quale crimine aveva commesso la rana dorata sconsigliando quella gergale pacchianata? Inutile cercare una qualche, plausibile, ragione: l’imbelle principe delle raganelle era pronto a sfogare il suo istinto primordiale di bullo picchiatore! Al di là dell’oggettivo arrivare solo allo sterno della rana dorata [bastava un rutto per ferirlo ed essere denunciata!], l’esserino viscido rimboccava il suo sproloquio: «tu che cazzo hai fatto nella vita? Chi cazzo è Lello Voce? Chi lo conosce? Mai sentito Ottonieri e tutti i nomi che dici essere poesia! Noi siamo il futuro che vive per fare cose nell’ambito genovese!». Auguri e pinoli maschi! Che vi devo dire? Se questi sono i «giovani», brindo con Davide Nota e Gianluca Pulsoni alla nostra vecchiaia • abbietti anuri che pigolano [in azzardi biologici e sintattici: se latrate via facebook la realtà che «mai mi dominerete» – siate cortesi: ripassate le regole grammatiche/ortografiche! Mie care nerchie deluse, «sopravvalutata» si scrive e si pronuncia con ben due «v». La vostra condanna è che sono il solo giudice di tutte le me! La vostra condanna è che porto gonne corte ma conosco Euripide, la vostra condanna è che vi bullate di conoscere quello che non vi ho mai permesso di intuire] • diffidate dalle rane dorate! E similmente: non solleticate troppo la tigre! La natura impronta: il come reagire! Se cercate – trovate: un’improvvisa intestina irruzione. Nella vostra ovatta, come vi taglia la gola quella bestiola che avevate pugnalato alla schiena? Si stuzzica la fornace canina – con la nulla carcassa della vostra vile spada corta – quella modica rana: avvelena. Indole felina.
My best gowls
E si accorge dell’incombere festivo per l’usuale «Last Christmas» reiterato via radio. E si accorge del ghigno che le plasma il volto: «Auguri!». E tu, ti accorgi dell’intenzione che cinica – la pronuncia?
La vita si misura in centimetri di cazzo. Cazzo sì che ti levo dall’imbarazzo – non sono un poeta – cazzo! Non me ne fotte un cazzo! Delle etichette delle marchette delle parole perfette! Me l’avete fatto a fette! Il futuro si fa a muso duro, cazzo duro contro il muro! Eccheccazzo! Viviamo tutti in uno Stato del cazzo, governati da teste di cazzo, in città del cazzo che non offrono un cazzo, con gente del cazzo – per cui: che cazzo ti lamenti? Abbiamo tutti dei cazzo di parenti ammalati accozzati abbandonati! Siamo tutti dei grandissimi complessati! Abbiamo tutti i cazzi girati! Parliamo tutti dei bei tempi andati! Anche Adamo ed Eva erano parecchio incazzati! Tutti siamo scacciati seccati schifati! Tutti emarginati! Tutti alcolizzati – al dolore, ragazzo: lo so anch’io che è un mondo del cazzo! Nessuno ti regala un cazzo! A nessuno importa un cazzo – anche se ti getti dall’ultimo piano del tuo palazzo! E quali suicida del cazzo? Non mangio un cazzo e non un cazzo da mangiare! Evita di dirmi come cazzo ti devo parlare! Che se devo urlare, urlo quanto cazzo mi pare! È il mio cazzo di provare a cambiare le cose! Sono pistole, non rose! Odio le persone lagnose, mielose e così giudiziose! Siete buonisti non buoni, salutisti, non sani – 'sti grandissimi coglioni! Queste sono prese di posizioni! Ci avete rotto i coglioni! Spezziamo catene con forza di polmoni! 'Fanculo a tutti i papponi vestiti da santoni! Fine delle trasmissioni: è il tempo delle reazioni! Delle rivoluzioni! Vi lasciamo la parte dei belli bravi e bbbuoni! E come vi gira una stretta dei suoni? Un tacco a spillo nei maroni? Batte il cazzo delle tue considerazioni! Batte il cazzo della tua fanfara! Sono una cazzo di Metallara! Sto gran cazzo di acciaio! Sono io che vi dico ADDIO! Quanto è più pio quel che corazzo! Forgiamo Metallo e vi rompiamo il cazzo! Come il Gallese pazzo, son poche le pretese, perché una è la sorte! Sesso e morte! La vita strilla forte: sesso e morte! Fuori dalla vostra corte del cazzo! Sesso e morte mio caro pupazzo! ogni giorno ti senti un impotente del cazzo – perché non cambia un cazzo se non stringi i denti e non pesti gli accenti! Siamo tutti nullatenenti! Ecco i soli strumenti: calci in culo e chitarre potenti! Ho visto più cazzi che tramonti, ho sentito più cazzate che concerti! Sono stanca di vederti – lamentare e basta! Alza quello cazzo di testa! E impara la lezione: sai bene – chi ha ragione! Chiamalo santo, chiamalo coglione! Quel Giorno ha ragione,. quel Giorno è la sola uscita, quel Giorno ha chiuso la partita. « Nessun cazzo è duro come la vita »
[C.D.]
Intervista/Incontro: Davide Nota scatena l'imo di Dama per LA GRU:
E dipende dall’economia verbale. 2 labbra + 2 labbra non profilano 4 bocche. Sommando 2 chili e 2 grammi non è dato ottenere né 4 chili né 4 grammi. E via addizionando concreto all’astratto. Non banale, ma elementare – mio geniale lettore. Elementare come l’intuizione bambina: onnipotente l’onnivoro bambino! E quale e quanto «presunto» onnisciente adulto? Ricominciamo: dal messaggio. Le è stato detto che deve farsi capire anche da un bambino, ma è un dire pleonastico: il bambino segue il suono e traduce il gesto, istintiva il più acuto pianto o se la ride di gusto. E sì ch’anch’ella rideva tanto, prima di anagrafare l’età adulta. E come spiega e come si spiega? Quel *dio plasticatore* profila sempre un’altra prospettiva – le capriccia nell’occhio, le strona l’orecchio, le invade il cranio: è un dio offeso ma mai muto e mai quieto. Quel giobbe paziente del ninja suo amico, nume matematico incarnatosi fisico, tentò invano spiegarle non fosse un misero graffito l’equazione di primo grado! Tu non sai lo scorno, mio geniale lettore, l’affronto di quel segno che non era un disegno, ma uno stratagemma del numero! Odioso numero che si schiera e la piaga tra l’avere o il non “avere i numeri”, tra il “dare i numeri” e “fare dei numeri” – da circo. Per quadrare conti e sopravvivere alle arti.
Sai bene, mio geniale lettore, non sia facile sopravvivere. In primis: è condizione necessaria [ma non sufficiente!] sopravvivere a se stessi [ed è tutto un ruotar di ombelichi, traumi, problemi, stati e indoli]. È un attimo. E collassi: massa di stelle polpute che siamo e che non siamo altro! Polpette di pelle e pensiero! Chiarito che ci siamo e dobbiamo patteggiare l’esserci e l’esser un nodo di neuroni patologici, tocca crearci e ricrearci. Per sopravvivere ai rapporti. E ai nostri talenti. Non vedi quanti prodigi? Dei mestieri e dei misteri. E resta un mistero questa compulsiva ricerca dell’etichetta tuttologa! E sì che può sembrare polemica, ma è solo una fitta nostalgica per la magia persa. Lei non vuole sapere e si rifiuta di sapere i trucchi del mago! L’equazione «farina + acqua + lievito = pane» implica ch’ella veda il suo panettiere come Mastro Alchemico, pusher di quell’Opus Panis che le regala lo «sballo da carboidrato»! E come non ammirare quel Webmostro che infila nel browser cilindro l’astruso e acronimato HTML per poi estrarne mondi paralleli di colori e ritratti? E come non sospettare di un diabolico patto [stipulato rigorosamente in verdana imperciocché: ognuno ha il suo carattere!] del suddetto Webmostro coll’infernale Ragno informatico? Come non abbracciare le salvifiche ginocchia dell’uomo dell’acqua? Quando le dissero di «avvitare il "maschio" sul tubo» ella, per quanto piacevole, non considerò vincente l’idea di annodare il suo ex per arginare l’allagamento dell’appartamento…
Nello stato estatico – continuo – grata al divino che «Tiramisù» ideò e «Mepral a rilascio modificato» ci donò, ella fu colta da panico: un abisso interrogativo! Quale dunque la sua capacità? La sua inclinazione era “un’anima sdrucciola” e quello stramaledetto piano inclinato la rotolò in un dove senza recapito. Nel mentre rotolava ella sputacchiava in faccia all’accelerazione di gravità [il centro della terra potrebbe palesare in modo meno violento e meno ineluttabile le sue carenze affettive!], un cavalier gentile e fiero le regalò un libro profetico, rilegato in cuoio. Dibattendosi tra l’entropia e la termodinamica, ella – prima – spolmonò a Francuzzo che di «permanente» lei cercava solo uno stipendio – poi – schivata a stento un’orda di aspettative, evitò due matrimoni di passaggio, riemerse dalla fogna di mentori mendaci, spennò lo stormo arcadico, fece fette dell’attributo «commerciale» e – finalmente – lesse. Il libro profetico impaginava il famoso Formulario di Fraser ed ella si tatuò le gengive: «Born to Lose, Live to Win».
2 anche + 2 anche = 2 articolazioni + 2 congiunzioni = un bacino, ancora
il termine anfibio è di origine greca. E significa.
Il mistero del corpo inizia dove inizia il tuo corpo. Soltanto che tu non sai dove esso inizi. Non conosci i suoi confini. Quello che hai chiamato anima o spirito o mente è separato dal corpo? E dove allora è segnata la linea di confine? [Franco Rella, Ai confini del corpo]
Il corpo parla. Il corpo ci parla. Il corpo parla di noi e per noi – che più: non parliamo più con quei “corpi estranei” che sono che siamo. I nostri corpi.
20 febbraio 1967
pensieri di ragno nei corpi al sapore di sperma antico vomito d’incenso la chiesa
è nella culla della carne la molla cancrena del dubbio abbi cura di chi non parla
nel come narcoma pretende. ti chiedo solo se ricordi quali letti sporcavi mentre quel miele tramontò nel rosso? è meno caldo di un bicchiere
tanto tu sprecavi parole quando per piacere del buco l’intarsio del cranio dipinse
di nero che goccia quel muro è un paradiso di scuse le parole che non ti deve